Civita di Bagnoregio

Civita di Bagnoregio è rimasto e rimane sconosciuto ai più ma vi posso assicurare che visitarlo rappresenta una piacevole sorpresa! Non distante c’è Orvieto che anch’essa merita di essere vista. Ma partiamo con ordine… ho conosciuto Civita attraverso un manifesto di una banca… vi era scritto: anche qui abbiamo una filiale! Come dire nel posto più sperduto noi siamo presenti. Del manifesto pubblicitario mi colpì la foto “panoramica” ovvero un paese “irreale” sospeso nel vuoto, purtroppo non vi era scritto di quale luogo si trattava.. Finalmente dopo anni di “attesa” tramite una rivista di turismo ecco svelato il mistero: si trattava di Civita di Bagnoregio definito anche il paese che “muore” perché i terremoti passati e smottamenti vari fecero precipitare parte dell’abitato.


Il paese

 

È un luogo dell’anima, uno di quei posti che rimangono indelebili nella propria memoria. Qui tutto è assoluto. Il silenzio nonché i secoli di storia che ti pesano addosso. E come tutti i posti estremi è in grado di amplificare a dismisura sia le emozioni positive sia quelle negative. Una cinquantina di case in pietra dall’aspetto medioevale arroccate su uno sperone di tufo da cui sembrano dover “cadere” in basso da un momento all’altro, un paesino che galleggia sulle argille scolpite dal vento e dalla pioggia della valle dei Calanchi. A Civita non ci sono automobili e neppure  motociclette, le derrate alimentari necessarie per le poche attività commerciali presenti vengono portate in paese da piccoli trattorini. Nei periodi poco turistici c’è solo il rumore dei passi e del vento che, soprattutto in inverno, si fa sentire. A guardarla da lontano nei due punti maggiormente panoramici ovvero dal paese di Lubriano località a meno di 5 chilometri da Civita (all’altezza della chiesa della Madonna del Poggio) si gode un panorama unico del borgo circondato dai calanchi. Il secondo è il belvedere di Bagnoregio, vicino ai ruderi del convento francescano dei Minori del XIII secolo. Da questi punti panoramici si può capire meglio la natura circostante nonché il terreno su cui si erge Civita di Bagnoregio, dei movimenti franosi che dopo aver cambiato la morfologia della zona, assediano l’ultimo sparuto gruppo di case al centro di quello che sembra un cratere lunare o il luogo dell’impatto di un gigantesco meteorite. Dal 700 a oggi, terremoti, frane e smottamenti del suolo si sono portati via un quarto della sua superficie. Il nemico numero uno è l’erosione, “i torrenti rio Chiaro e rio Torbido nella valle e le acque pluviali, che dilavano i pendii e scavano le argille pleistoceniche, rosicchiamo la base alla rupe tufacea che di conseguenza collassa, spiegano i geologi che studiano la rupe.. Le ricerche condotte sulla velocità di arretramento dei bordi (calanchi)  anno rilevato un’erosione di circa 7 centimetri all’anno. Il “dramma” di Civita è appunto l’erosione che sta minando lo sperone di tufo su cui è stata edificata. Questo ha subito un costante assottigliamento a causa della natura geologica del territorio.Qui milioni di anni fa si trovava un bacino marino che ha creato un deposito di argille sabbiose. Successive eruzioni vulcaniche dei vicini monti Vulsini anno creato gli strati superiori in tufo”, per cui lo sperone tufaceo di circa 80 metri è  posizionato su un instabile strato argilloso che viene eroso dagli agenti atmosferici e dell’azione dei fiumi sottostanti. Così, la rupe soprastante frana a valle, il versante a nord è attualmente quello più in pericolo. Onde bloccare i grossi mammelloni di tufo che rischiano di franare a valle, i geologi anno realizzato profondi pozzi nei quali sono stati posizionati tiranti orizzontali con placche esterne alla roccia, poco visibili, in modo da ridurre l’impatto ambientale”.In questo modo è stata ancorata e consolidata la rupe, evitando almeno i crolli più immediati. Circa vent’anni fa, in concomitanza con le campagne da molti promosse a favore del “borgo che muore”, il progetto Civita prevedeva il recupero del suggestivo paese, con il restauro degli edifici ed il consolidamento della rupe, a cui avrebbe fatto seguito la creazione di un centro dotato delle più avanzate tecnologie quale punto di riferimento nelle ricerche per la salvaguardia dei beni ambientali. Poi sono svaniti i sogni dei menzionati “progettifaraonici” per il consolidamento della rupe e il programmato centro internazionale di ricerche citato, anche gli sponsor pubblici e privati che si sono letteralmente dileguati. Civita sorge sulla vetta di un colle all’altezza di 443 metri sul livello del mare e sembra una città surreale, come ne possono esistere solo nella mente dei sognatori oppure avventurieri.

Nei mesi autunnali ed  in certe mattinate di nebbia , quel piccolo borgo di case, sembra galleggiare “magicamente” sorretto daivaporiai margini dell’irreale, Civita è collegata alla terra ferma da un unico esile ponte, la sella su cui passava un tempo la strada di accesso, nel giro di tre secoli si è abbassata di circa 40 metri. Crollata la strada che collegava  Civita a Bagnoregio, è stata sostituita con un ponte pedonale, fatto inparte saltare dai tedeschi in ritirata nel 1944, quello attuale, in cemento armato, è stato inaugurato solo nel 1965. Sinceramente “stona” con il resto del paesaggio circostante, inaccessibile ai mezzi di comunicazione moderni, ci porta a lontananze non tanto dello spazio quanto del tempo.
Infatti man mano che si percorre l’esile ponte sospeso nel vuoto, trecento metri circa, ma sembrano una distanza infinita, si avverte un “senso” di distacco da quello che è il mondo reale. Sensazione che si fa ancora più viva una volta superata la porta di Santa Maria che da accesso al paese e che vigila sulla ripida salita finale, fra due lembi di case con le finestre spalancate oltre le quali c’è il vuoto! A Civita le pietre “raccontano” di una storia antica. Fino al 600 la cittadina si estendeva su un vasto altopiano ed aveva cinque porte di ingresso, tutte franate nei burroni sottostanti tranne una, la porta di Santa Maria dai cui appunto si entra nel centro storico ed è giunta ai giorni nostri. A segnare la decadenza fu  nel 1965 un terremoto, fece 32 vittime, distrusse il ponte che univa Civita a Rota (divenuta successivamente l’attuale Bagnoregio) e inghiottì la contrada Carcere, che precipitò nel baratro sottostante.Quindi papa Innocenzo II trasferì la sede vescovile e con essa se ne andarono notabili commercianti e aristocratici. A darle il colpo di grazia nel1738  e nel 1764 ci pensarono altri terremoti. Quella che era stata la nobile Civita si trasformò in un umile villaggio semi abbandonato e in balia dei tremori del suolo. Negli anni sessanta gli abitanti erano almeno un centinaio e formavano ancora una comunità. C’era la scuola elementare, il forno con il suo inebriante profumo del pane e risuonava lo scalpiccio dei muli con i quali venivano portate le derrate alimentari.

Entrando a Civita si ha l’impressione che oltre la porta menzionata si apra una nuova realtà, una dimensione diversa e distante dalla nostra. Eppure girando in paese tra le stradine strette e piccole piazze si vedono  piante alle finestre, fiori sui davanzali delle case, c’è gente per le strade ma si vive un’atmosfera particolare dove i ritmi della vita sono tutt’altro che frenetici, senza i rumori e l’affanno a cui ci hanno abituato i nostri centri abitati; come si viveva, appunto nei tempi passati. E intorno il vuoto in fondo ad una stradina, la facciata di una casa dietro alla quale c’è il nulla…

Civita di Bagnoregio è come un lembo di “terra” miracolosamente sopravvissuto al tempo e alle avversità naturali che anno trasformato una città vivace in un paese che muore, destinato alla distruzione se non si interverrà in tempo per salvarla eppure attaccata fortemente alla vita. Lo si vede dall’ostinazione dei pochi abitanti residenti a Civita e che si rifiutano di abbandonarla, dalle tante iniziative culturali sorte per darle una speranza di continuità e vita.

Loscrittore Bonaventura Tecchi in uno dei suoi libri descrisse in questo modo il centro storico del paese: “Entrai in mezzo alle case e rividi la cattedrale ampia, a tre navate, costruita su un tempio pagano e poi rifatta in tempi più recenti. La piazzetta davanti all’episcopio era piccola, intima, tutta serrata tra casette e orti come era stata sempre; e la piazza grande, nel mezzo del borgo,aveva ancora i resti possenti delle colonne romane; Al citato scrittore si deve la definizione come ormai è conosciuta nel mondo: “la città che muore”.

Dalla rupe posta nella parte orientale di Civita è possibile ammirare il suggestivo paesaggio dei “ponticelli” che sono grandi muraglioni naturali di argilla, traccia di un processo di erosione cominciato miglia di anni fa e non ancora terminato.

Alla sera Civita s’illumina dalla luce fioca dei pochi lampioncini in ferro battuto. I gatti si impossessano delle stradine e della scenografica piazza San Donato, con la cattedrale del VII secolo e il campanile romanico.

Con la moto non si può salire al paese quindi bisogna parcheggiare all’inizio del ponte (suggerisco questa soluzione) oppure nel parcheggio antistante il punto “panoramico” posto più in alto ma con il caldo c’è da camminare per una quindicina di minuti e risalire a piedi non è il massimo..

A Civita ci sono diversi ristoranti dove pranzare in questo luogo che sembra uscito da un libro di favole.

È possibile salvare Civita? Ecco cosa dicono i geologi

 
Il grande problema di Civita è l’erosione che sta corrodendo lo sperone di tufo su cui è stata costruita. Questo ha subito un continuo assottigliamento a causa della particolare natura geologica del territorio. Milioni di anni fa qui c’era il mare che ha depositato argille sabbiose.
Poi varie eruzioni vulcaniche dei vicini monti Vulsini anno creato gli strati superiori di tufo che anno ricoperto le argille, spiegano i geologi che si occupano del caso. Lo sperone tufaceo di circa 80 metri è quindi posizionato su un instabile strato argilloso che viene eroso sia dagli agenti atmosferici nonché dall’azione dei fiumi rio Chiaro e rio Torbido. In questo modo la rupe soprastante frana a valle. Attualmente è il versante nord quello più in pericolo. Per bloccare i grossi mammelloni di tufo che rischiano di franare, i geologi anno realizzato profondi pozzi nei quali sono stati posizionati tiranti orizzontali con placche esterne alla roccia, poco visibili, in modo da ridurre il più possibile l’impatto ambientale.
In questo modo è stata ancorata e consolidata la rupe, evitando almeno i crolli più immediati.

 
Come arrivare a Civita di Bagnoregio

 

Civita si trova nella regione Lazio, distante 30 km da Viterbo, e 110 km da Roma, l’uscita Autostradale A1 di Orvieto dista solamente 20 minuti.

 Provenendo da Roma: uscita Cassia (bis) Veientana, Cassia Cimina fino Viterbo quindi bisogna proseguire sulla strada Teverina fino ad arrivare a Bagnoregio.
In Autostrada A1 indipendentemente provenendo da sud oppure da nord, uscita Orvieto, quindi seguire le indicazioni per Castiglione Teverina quindi per Bagnoregio e poi Civita di Bagnoregio.

 
Arrivare in treno

Le stazioni ferroviarie dove si può fare scalo per raggiungere Bagnoregio e successivamente Civita sono due: Viterbo ed Orvieto, da dove si possono prendere gli autobus delle linee COTRAL per raggiungere Civita di Bagnoregio.

Informazioni Turistiche

L’ufficio del turismo di Bagnoregio è in piazza Sant’ Agostino n°21

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